Nello sfascio degli anni Settanta
La recensione. Degradante, fatiscente, in rovina. Si presenta così la scenografia de “Lo sfascio”, ricostruendo perfettamente l’ambiente che dà il titolo alla pièce in scena al Teatro Sala Umberto (sino al 17 novembre).
Siamo negli anni ’70. Sullo sfondo si diffondono notizie di attentati di brigatisti.
Assistiamo a un “romanzo criminale” in versione teatrale, fatto di violenza, comportamenti rissosi e brutali, turpiloqui. Commedia, a tratti dura, brutale anche con sequenze spinte, che è vietata ai minori.
L’ambientazione così decadente, dicevamo, risulta adeguata ai personaggi che la popolano; uomini laidi, corrotti dai vizi (droga, gioco d’azzardo, sesso) che ideano escamotage per procurarsi denaro ricorrendo alla delinquenza, alla forza fisica.
Si rimane con il fiato sospeso mentre si seguono le vicende di Fosco, titolare dello sfasciacarrozze, interpretato da Alessio Di Clemente che dona una carica di cinismo al proprio personaggio, Manlio, suo fratello, malato mentale interpretato da un eccezionale Augusto Fornari. E poi ci sono Diecilire, frequentatore dello sfascio, reso da Nicolas Vaporidis che riesce a essere ironico e impertinente e il poliziotto corrotto Ugo, interpretato dal bravo Riccardo De Filippis ( a proposito di “Romanzo criminale” il grande pubblico lo ricorderà per la sua interpretazione di Scrocchiazeppi all’interno della serie televisiva).L’attrice è Jennifer Mischiati, ricopre tre ruoli femminili: la moglie di Fusco, Katia, un’amante di una notte di Fusco (con parrucca bionda) e un’attentatrice che piomba dal nulla nello sfascia carrozze (con parrucca rossa). Katia è la donna sottomessa che avrà la sua rivalsa.
La rappresentazione è costruita quasi in maniera filmica. La scenografia è immobile e non muta però lo spettacolo è costruito con un susseguirsi di sequenze, di momenti recitativi veloci e incalzanti su cui si accendono e spengono le luci creando così l’effetto suspance negli spettatori.
Da sottolineare che si tratta di una commedia di Gianni Clementi (ne firma anche la regia con Saverio Di Biagio) che si conferma, ancora una volta , una delle penne contemporanee più feconde. Tra i suoi titoli più recenti ricordiamo: “Ma Che bell’ikea“, “Ladro di razza“, “Sugo finto”, “I Dolori del giovane Wertmuller”, “Ben Hur”, “Grisu’, Giuseppe e Maria”.
Monica Menna