Teatro

“La Spallata”: gli anni del boom visti con gli occhi disincantati degli anni della crisi


La recensione. Testo divertente ed amaro allo stesso tempo quello de “La Spallata” andato con successo in scena fino al 19 gennaio 2014 nell’accogliente Teatro Roma di Roma. Scritto da Gianni Clementi in chiave post-eduardiana, racconta l’Italia del boom degli anni ’60 visti dal microcosmo di due nuclei familiari della periferia romana.

La regia di Vanessa Gasparri accentua divertimento ed amarezza, in una storia che assume toni da “ciclo dei vinti” di verghiana memoria in cui chi è povero non ha possibilità di riscatto.

All’interno del teatro accoglie gli spettatori una vecchia e scassata “bianchina”… auto che, all’epoca, molti italiani hanno sognato e guidato, allora simbolo di un progresso da afferrare, che sembrava alla portata di mano.

Si racconta di due sorelle, entrambe vedove (Giorgia Trasselli e Gabriella Silvestri), dei rispettivi figli e di una specie di vitellone di periferia che vorrebbe accasarsi con una delle due vedove (Antonio Conte). C’è il sogno di svoltare puntando su un’attività imprenditoriale: aprire un’impresa di pompe funebri, cioè puntare sulla ‘spallata’, il portare in spalla la bara… Mentre uno dei giovani (comunista e mangiapreti) sogna il riscatto del proletariato ed un’altra il successo a Cinecittà; nel contrasto tra business, voglia di uguaglianza, successo cinematografico.

Molto bravo il cast che vede pure Claudia Ferri, Alessandro Loi, Matteo Milani, Alessandro Salvatori.

Intanto che ci si attrezza per il ‘business’, si susseguono gli avvenimenti nazionali ed internazionali che lasciano comunque il segno… i Beatles che si affacciano alla ribalta, Marilyn Monroe, l’uccisione di Kennedy, il disastro della diga del Vajont…

Si ride tantissimo ma è crudele e cruda la commedia di questi derelitti di periferia che portano con naturalezza la bara in casa, che la pongono sul tavolo di cucina, che ci mangiano sopra.

Ma è la vita, ancor più irriverente, a dare la ‘spallata’ decisiva al loro destino, in un intreccio tra drammi collettivi e drammi individuali. In una rassegnazione del Paese e dei singoli che arriva e porta ad abbandonare i sogni di gloria.

Alla fine si rinuncia a vivere, accontentandosi di sopravvivere…

Monica Menna