Teatro

Il Discorso del Re: trionfo della parola che non ha cedimenti

La recensione. La parola è un’arte che sa ammaliare e persuadere, è un mezzo per esprimersi, è un atto di libertà. Lo spettacolo ”Il discorso del Re”, in scena al Teatro Quirino, è un vero e proprio inno alla parola.

La pièce, ambientata nella prima metà del 1900, è ispirata alla storia vera del principe Albert, Duca di York, futuro re Giorgio VI di Inghilterra. Si racconta il suo problema di balbuzie, il disagio legato ad esso e le cure terapeutiche intraprese con il logopedista australiano Lionel Logue. Lo spettacolo è stato scritto da David Seidler che prima ne aveva realizzato la sceneggiatura per l’omonimo film del 2010, diretto da Tom Hopper, che vedeva protagonisti Colin Firth e Geoffrey Rush, film vincitore tra l’altro di quattro premi Oscar.

Oggi nella versione teatrale italiana si cimentano Luca Barbareschi nel ruolo del logopedista che ebbe in cura Albert e Filippo Dini nel ruolo del futuro re. I due attori offrono una bellissima prova recitativa. Dini è abile nel conferire al proprio personaggio una grande complessità caratteriale, una timidezza e goffaggine che sembrano ostacoli insormontabili. Barbareschi, d’altro canto, dona un personaggio sui generis, fuori le righe, scanzonato, un medico estraneo al linguaggio della scienza che parla il linguaggio del cuore e sogna di diventare “da grande” un attore. Barbareschi riveste anche il ruolo di regista della pièce mostrando una cura attenta e ricercata nella realizzazione dell’allestimento.

Un plauso va all’intera compagnia; ogni attore è perfettamente calato nel proprio personaggio a cominciare dalle due donne: Astrid Meloni (nelle vesti della duchessa di York Elisabeth) e Chiara Claudi (nel ruolo della moglie di Lionel Myrtle). Sono due donne tenaci, forti, che sanno affiancare e sostenere i rispettivi mariti. Sul palco anche Giancarlo Previati (nel doppio ruolo di Re Giorgio V e del primo ministro Baldwin), Mauro Santopietro (il Principe del Galles), Ruggero Cara (Winston Churcill) e Roberto Mantovani (l’arcivescovo di Canterbury).

Lo spettacolo risulta particolarmente efficace anche per la moderna scenografia composta da pannelli scorrevoli che all’occorrenza formano uno schermo. Su di esso scorrono le immagini di filmati d’epoca, che vedono protagonista Hitler, che dimostrano quanto l’arte dell’oratoria sia essenziale in politica, soprattutto per l’ottenimento del consenso della massa.

L’apice della pièce, non poteva essere altrimenti, è costituito proprio dal discorso finale, pronunciato da re Giorgio VI, sulla decisione di entrare in guerra contro la Germania nazista.

Un discorso sentito, capace di tenere gli spettatori con il fiato sospeso. Un trionfo della parola che non ha cedimenti.

Monica Menna