Teatro

Al Teatro Tordinona lo Shakespeare in chiave punk di Luca Gaeta

La recensione. Una Barbie a testa in giù immersa in un bicchiere colmo di latte. Un’immagine toccante, dura, che rimane impressa e impressiona, è quella scelta per rappresentare in locandina la pièce “Hamletophelia”, in scena al Teatro Tordinona (sino al 26 aprile).

Lo spettacolo atterrisce e, allo stesso tempo, attrae lo spettatore, proprio come quella bambola; quell’essere senza anima, senza cuore, senza facoltà di scegliere, già morto, che non può salvarsi. Il bianco del latte si tinge di nero. Un pupazzo diviene, quindi, intermediario tra l’uomo e la morte. E così Ofelia, triste eroina, interpretata dalla brava Federica Rosselini, entra in scena già sdraiata sul suo letto funebre. La donna con la corda al collo, le vene tagliate, bellezza diafana sporcata dal sangue, è la bambola che non ha possibilità di sopravvivere.

Amleto, nella straordinaria interpretazione di Massimiliano Vado, è la personificazione dell’uomo moderno, svuotato di ruolo, un antieroe, eterno Peter Pan relegato alla sua infanzia. Non a caso simbolicamente la scenografia ricostruisce un asilo infantile, costruito da oggetti in miniatura (un piccolo letto, una piccola sedia, dei giocattoli) che non vengono però utilizzati, perché si è sopraffatti dalla nausea. E così anche Amleto è rinchiuso nel sogno dell’infanzia dove tutto è stabilito. La sua stanza è come quel bicchiere di latte.

Luca Gaeta, che ha curato la drammaturgia e la regia della pièce, rilegge il testo di Shakespeare, unendo riferimenti al dramma postmoderno “Hamletmachine” del commediografo e regista tedesco Heiner Müller. Il dramma è un’attenta analisi della psiche attanagliata da dubbi, un grido soffocato dell’anima, il racconto di una storia antica che può essere valida ancora oggi. Uno spettacolo circense (fondamentale la presenza di Yorick, reso splendidamente da Salvatore Rancatore) sulle rovine. Ne deriva dunque un’opera originale, che rende contemporanea la tragedia, rileggendola in chiave punk-rock.

Colpisce la contaminazione con la pittura. Dal vivo Alessandro Vitale dipinge di nero i protagonisti su una grande tela bianca sul fondo della scena (ciclicamente torna il contrasto black and white). Il testo è reso metallico dalla selezione dei brani musicali: dai Pink Floyd ai Radiohead, da Joey Ramone a Joe Strummer. Si viene a realizzare nel complesso un suggestivo quadro sonoro.

Da sottolineare lo studio accurato nella resa dei personaggi, simboleggiato dai costumi di scena. Laura di Marco dà corpo alla loro anima attraverso un look dark, metal. Ofelia è una groupie, che indossa la t-shirt con l’effige del suo Amleto. Yorick è un clown con maglione rosso e nero a righe, e il naso rosso dipinto live con rossetto e Amleto è così rock da sfoggiare anche smalto nero alle unghie. Immancabile il teschio (che ha accompagnato nei secoli il passo più celebre del “to be or not to be”) reso glamour attraverso scintillanti strass.

Monica Menna