Teatro

Teatro de’ Servi: “stranieri” nella propria città


La recensione. Sentirsi estraneo, “straniero” nella città in cui si vive. È la sensazione che prova l’operaio calabrese emigrato 40 anni prima nel capoluogo lombardo. Il personaggio, l’unico a non possedere nome – come a dire che può essere chiunque di noi – è il protagonista della pièce “Milano non esiste (in scena al Teatro de’ Servi sino al 2 novembre). Ad interpretarlo il bravissimo Roberto D’Alessandro, che ha anche curato l’adattamento e la regia dello spettacolo.
L’appassionante pièce è tratta dall’omonimo libro di Dante Maffia, candidato al Premio Nobel per la letteratura che, in occasione della prima della commedia, ha incontrato il pubblico presso il Teatro de’ Servi.

Il protagonista, insofferente verso una città che non avverte come propria, desidera lasciare alle spalle il grigiore di Milano per rifugiarsi nella sua terra natale, in riva al mare. Ma il suo sogno nel cassetto si scontra con i desideri dei familiari: la moglie (una convincente Daniela Stanga) e i cinque figli, interpretati da Domenico Franceschelli, Sara Borghi, Riccardo Bergo, Andrea Standardi, Annabella Calabrese.

I figli, tutti milanesi doc, amano la propria città, a cui sentono di appartenere. Ogni personaggio è delineato con estrema accuratezza ed ha dei tratti peculiari. C’è la figlia svampita che sogna di diventare velina, c’è la sorella impegnata nel sociale, soprattutto nell’accoglienza degli emigrati, c’è il figlio leghista e razzista, c’è il figlio omosessuale, c’è il figlio pugile fidanzato con una ragazza cinese.

Il tema dell’integrazione viene ampliato in maniera coerente dall’autore, venendo ben approfondito in tutte le sue sfaccettature. Non si tratta solo di accoglienza di un meridionale al Nord, ma anche di accettazione di tutto ciò che parte della società avverte come “diverso” (stranieri, gay) e che ancora si stenta ad accogliere.

Monica Menna