Teatro

Teatro Brancaccio: Peter Pan il musical per adulti e piccini

ph di Igino Ceremigna

LA RECENSIONE DELLA PRIMA Ce l’avrete mica anche voi la.. sindrome? Di Peter Pan, intendo. Cioè, stando agli strizzacervelli in vena di fantasia, il protagonista della favola omonima rappresenta tutti gli uomini adulti che si rifiutano di crescere e rimangono, quindi, dei pupi agli occhi delle loro compagne, che scambiano regolarmente per amichette di giochi infantili, madri e sorelle. Tutto, appunto, fuorché un corretto rapporto uomo-donna di un sentimento maturo. In pratica, una sistematica fuga dalle responsabilità. Quelle che riguardano gli uomini che si fanno famiglia, in particolare, e crescono con sacrificio i propri figli. Eppure il divertente musical omonimo, che va in scena al Teatro Brancaccio di Roma fino all’11 di dicembre, dice esattamente il contrario. Peter (Giorgio Camandona) rimane sì scapolone ed eterno bambino, ma solo perché si nutre di un sentimento eroico e dà fondo a una sua generosità senza limiti, accettando di restituire al mondo degli umani i suoi piccoli fedeli sudditi, quei bambini sperduti che troveranno un focolare nella casa già sovraffollata della protagonista, Wendy (Martha Rossi).

Molto interessante lo start-up ad alzata sipario, con scene alla Mary Poppins di una Londra di metà Ottocento, in cui il “diverso” è un menestrello cantastorie che, chissà perché, qualcuno (il padre di Wendy in testa, inveterato odiatore delle favole e di chi le racconta) vuole addirittura mettere in prigione. E qui, per esempio, passa bene il messaggio allegorico: sognare e favoleggiare è la parte più creativa e rassicurante della vita, anche perché favorisce lo sviluppo armonico di bambini e adolescenti. Ed è proprio Wendy a gettare il ponte tra infanzia e maturità, accettando di lasciare la stanza divisa in comune con i fratelli e con lo strepitoso cane-Tata Nanà, che rifà il letto e accudisce come una perfetta governante i bambini della casa. Proprio Wendy che, innamorata platonicamente di Peter, non esita a lasciarlo per tornare nel mondo della realtà concreta, fatta di genitori che soffrono la sua assenza, e prontissima a crescere per sposarsi a un uomo vero e fare famiglia con lui.

Passa, soprattutto, il messaggio delle Fate buone (la stregaccia non c’è in questa favola..) che coincide, poi, con i pensieri leggeri che non fanno male ad alcuno, delicati come la polverina e le ali ultrasottili di Trilly, la fatina Campanellino sorella-sposa di Peter nel suo regno fantastico e che proprio il pensiero infantile terrà in vita, credendo in lei, salvandola così dai veleni dello scetticismo e dell’agnosticismo. Poi i “selvaggi”, simpatici, divertenti e bellissimi, come la figlia del capo indiano Giglio Tigrato (Pamela Scarponi), che recita anche nei panni della dolcissima mamma di Wendy e dei suoi fratelli. Bravissima, iper dinamica e talentuosa è, poi, Arena Giorgia che interpreta il piccolo Michael, coraggioso e sprezzante del pericolo, che diverte tutti correndo a perdifiato sul palcoscenico con il suo peluche stretto al cuore e una voce particolarmente intonata e argentina. Poi, il “Cattivo”: un Capitan Uncino (Pietro Pignatelli, perfetto nella parte) che, in fondo, prende a calci la ciurma e Spugna ma, alla fine ne è anche un po’ lo zimbello e, tutto sommato, fa più bene che male alle sue vittime. Più Renato Zero che Pirata con l’occhio bendato; scosso come foglia al vento dall’impetuoso ritmo di Bennato, le cui canzoni rappresentano l’anima canora e pulsante della rappresentazione.

I bambini sperduti, adottati in blocco dalla famiglia di Wendy nella scena finale, costituiscono una non banale allegoria dell’Orphelinage: un passaggio particolarmente delicato, quest’ultimo, con cui si opera un chiaro transfert valoriale non didascalico, né tantomeno da vuoto racconto di Natale, in cui le buone intenzioni le porta via con sé la vecchia Befana alla fine delle festività. In apparenza non ci sono anziani nel mondo di Peter: né nonni, né poveri mendicanti. Anche se i bambini sono gli occhi splendenti della terza età. Ad eccezione di.. Spugna, però, il nostromo perennemente brillo di Uncino. Simpatico come il coccodrillo che ha ingoiato la sveglia, il cui solo ticchettio è puro terrore per Uncino. E noi quante fobie ci trasciniamo racchiuse nella nostra chiocciolina? Spugna è l’unico anziano che, guarda caso, decide di farsi adottare dai genitori di Wendy tale e quale ai bimbi sperduti. Bella lezione per la vecchiaia abbandonata, non trovate? Complimenti all’adattamento e alla regia di Maurizio Colombi.

Fatto su misura per piccini e Peter Pan da un metro e ottanta, psicoterapeutizzati da (costosissimi) guru alla moda.

Maurizio Bonanni