Teatro

Satira contro il potere a ritmo dance

La recensione. Vince la palma dell’originalità “Lo Potere” (al Teatro della Cometa fino al 9 dicembre 2012), diretto da Riccardo Scarafoni che ne è anche protagonista. Una satira contro il “potere” che propone, in un unico spettacolo, due storie una ambientata nel ‘500, una contemporanea.

Ciò è permesso dal particolare allestimento scenico di Oliver Montesano che prevede uno spazio teatrale racchiuso dentro un grande quadro appeso alla parete in cui agiscono una regina “crudele” (che in realtà è un uomo, Fabrizio Sabatucci) ed una figlia “illuminata” (Veruska Rossi) che invece guarda il mondo con altri occhi.

Al di là del quadro invece un ricco signore (Riccardo Scarafoni) ed il suo maggiordomo (Francesco Venditti) a raccontare il “potere” contemporaneo del denaro e delle “amicizie”.

La regina vorrebbe accasare la figlia con uno sposo di rango (il potere che si perpetua), mentre la giovane ama uno stalliere. Il ricco dei tempi odierni invece si inventa, con successo, una carriere da cantante (la ricchezza che porta ricchezza, l’altra faccia del potere).

In evidenza le musiche (ed in particolare la canzone del finale) che sono del compositore e tastierista Daniele Cherni (conosciuto anche nell’ambito del rock progressive per aver collaborato con la band dei pinkfloydiani “Fluido Rosa” e, più recentemente, pure con i Goblin Rebirth).

Potere chiama potere, denaro chiama denaro. Questo è il messaggio di una commedia che racconta la realtà di ieri e di oggi con ironia, sarcasmo, occhi disincantati.

Potremmo definire “Lo Potere” (testo scritto a quattro mani da Daniele Prato e Francesca Staasch) una sorta di “teatro verista” che, come la letteratura del “ciclo dei vinti”, non vede possibilità di cambiamento.

La commedia infatti fa comprendere che nulla è mutato, nel corso dei secoli, e “Lo Potere” e le diseguaglianze restano le leve della società che, certo, cambia, si trasforma, ma non muta le “regole del gioco”

Resta comunque, quella proposta al Teatro della Cometa una “commedia” (e non una “tragedia”). Si ride molto nel ping pong tra storie del passato e del presente. Con una stravagante e surreale chiusura dance: tutti, padroni e servi, a ballare a ritmo di discoteca.

Monica Menna