Teatro

La vita è un… “Cabaret”. A Todi l’anteprima nazionale del musical di Ingrassia

La prima a Todi. Dieci minuti ininterrotti di applausi, con standing ovation finale, rendono tributo al grandioso debutto del musical “Cabaret“, presentato dalla Compagnia della Rancia, con la regia di Saverio Marconi, proposto in anteprima nazionale all’interno del “Todi Festival.

In sala presenti tanti ospiti illustri, da Christian de Sica a Pino Strabioli, da Catherine Spaak a Ida di Benedetto, Mita Medici e, per le istituzioni, la presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini e il Sindaco di Todi Carlo Rossini.

Lo spettacolo, andato in scena in un gremito Teatro Comunale venerdì 21 agosto (e in replica sabato 22), ha aperto la ventinovesima edizione della rassegna teatrale ideata e diretta da Silvano Spada, che è – come recita lo slogan – “una festa del teatro con il teatro gratis per tutti”. L’orchestra, che suona dal vivo, è diretta dal maestro Riccardo Di Paola. I costumi sono di Carla Accoramboni, le coreografie di Gillian Bruce.

Il musical è tratto dal dramma di John Van Druten “I’m a Camera”, adattamento teatrale del romanzo del 1939 di Christopher Isherwood “Goodbye to Berlin”. Ambientato nella Berlino degli anni Trenta, nel periodo di ascesa massima del nazifascismo in Germania. Sarà in tournée nella prossima stagione teatrale. Partirà dal Teatro Brancaccio di Roma dal 7 al 18 ottobre, farà tappa poi al Teatro della Luna di Milano dal 12 al 22 novembre e toccherà tante altre città italiane.

Sulla scena si impone la protagonista, la giovane talentuosa Giulia Ottonello (che fu vincitrice della II edizione di “Amici”), già apprezzata al fianco di Ingrassia in “Frankestain Jr”. Interpreta Sally Bowels, ragazza dolcemente tormentata, di facili costumi, prima ballerina del Kit Kat Club, che scoprirà l’amore per il romanziere Cliff, interpretato dal bravo Mauro Simone.

Giampiero Ingrassia, in forma smagliante, interpreta il Maestro di Cerimonie del Kit Kat Club, locale rifugio della potenza nazista (dove è ambientato in gran parte il musical). Con la sua presenza scenica, assume un ruolo di primo piano nello spettacolo. La mimica facciale sempre espressiva, lo sguardo accattivante e l’attraente trucco rendono il suo Maestro di Cerimonie uno Joker degli anni Trenta. Un po’ burlone, un po’ grottesco, sempre eccentrico, ma anche più intimista Ingrassia cattura l’attenzione del pubblico sin dalla sua prima apparizione sul palco, mentre intona “Wilkommen” insieme alle ballerine e ai ballerini del club. È una scena metateatrale che dà inizio allo show con l’invito rivolto al pubblico ad entrare tralasciando i propri pensieri al di fuori del locale. Il Maestro delle Cerimonie è sempre sopra le righe anche mentre canta insieme con due showgirl il brano “Two Ladies” o il brano “If You Could See Her” accanto alla ragazza-gorilla. Quest’ultima è interpretata dalla brava Valentina Gullace, che riesce bene a indossare panni più audaci, diversi da quelli consueti della brava ragazza in cui siamo soliti vederla. Si predica così l’amore libero e ci si scaglia apertamente contro il nazismo, in difesa degli ebrei.

In evidenza sul palcoscenico anche Altea Russo e Michele Renzullo. Lei interpreta Fräulein Schneider, anziana affittuaria di stanze; lui è il vecchio spasimante ebreo Herr Schultz dall’animo magnanimo. Non manca il nutrito ed energico corpo di ballo (con Ilaria Suss, Nadia Scherani, Marta Belloni, Andrea Verdiccio, Gianluca Pilla). Da sottolineare l’appropriata scelta registica di far esibire sul palco donne dalla fisicità differente, ognuna con determinate caratteristiche, ponendo in evidenza pregi e difetti dei personaggi.

Menzione speciale anche alla scenografia dello stesso Marconi e di Gabriele Moreschi che è particolarmente curata. Alcune scene rimangono vive e impresse agli occhi dello spettatore come quelle della lanterne che vengono appese in aria a rischiarare la notte; c’è il telo bianco che all’occorrenza diventa anche sipario.

Sullo sfondo della rappresentazione, tra canti e balli, sono ben rappresentati, la guerra, il nazifascismo (attraverso lo stesso Kit Kat Club che ne è metafora) che si staglia con le sue svastiche nere, sempre impietose. E gli ebrei con cappotti indosso, la croce identificativa, e il carro che incombe pronto a deportarli. Eppure la vita è lieve e stimolante come un cabaret.

Monica Menna